Operazione “Sex indoor”: maîtresse gestivano case di prostituzione tra Catania e Misterbianco

La Polizia di Stato su disposizione della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, ha dato esecuzione alla misura cautelare personale, emessa in data 26.04.2022, dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catania, a carico di due donne di 31 e di 47 anni e di un uomo di 35 anni. I tre sono ritenuti responsabili del reato di associazione per delinquere finalizzata all’esercizio di case di prostituzione, nonché di sfruttamento e favoreggiamento sistematico del meretricio di diverse ragazze.

In particolare, le investigazioni, coordinate dalla Procura ed eseguite dalla specializzata Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione della Squadra Mobile etnea, sono state avviate nel mese di febbraio 2020, a seguito di segnalazioni su una presunta casa di prostituzione insistente nel centro cittadino, supportate dai presidi tecnici, e hanno consentito di appurare, allo stato degli atti e in relazione alla fase processuale che non ha ancora consentito l’intervento delle difese, che la trentunenne era la figura apicale dell’organizzazione caratterizzata da gerarchie interne e attribuzione di ruoli.

La maîtresse di 31 anni era la “manager” della prostituzione indoor e si sarebbe occupata del controllo, amministrazione e direzione in prima persona di tre case di prostituzione, di cui due a Catania e una a Misterbianco (CT), mentre la quarantasettenne avrebbe avuto il compito della co-gestione della casa di Misterbianco (CT). L'uomo, compagno della maîtresse di 47 anni, avrebbe gestito la casa di appuntamento, sotto la parvenza di un Bed & Breakfast, ubicata nel centro storico di Catania, dividendo con l’amata gli utili provenienti dalla prostituzione altrui.

Altri tre indagati avrebbero svolto i ruoli di addetti al centralino e alle prenotazioni dei clienti che, attraverso siti dedicati, telefonavano per fissare le prestazioni sessuali, con tariffe a partire da 50 euro, a seconda della tipologia di “servizio”, richiesto alle donne reclutate per sfruttarne la prostituzione. Tra i massaggi più “gettonati”, assicurati da quella che era poi una vera e propria impresa a carattere essenzialmente familiare, erano i cosiddetti “Touch me” e “Nuru massage”. Tutto avveniva all’interno delle mura domestiche, garantendo così maggiore sicurezza agli indagati e privacy alla clientela.

Alla maîtresse e capo trentunenne, percettrice del reddito di cittadinanza, è stato, altresì, contestato l’illecito per l’omessa comunicazione nei termini, cioè dall’agosto del 2020, di redditi da lavoro irregolarmente svolto presso un negozio di abbigliamento sito in questo capoluogo.

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