La Leggenda del Castagno dei Cento Cavalli
Il Castagno dei Cento Cavalli è probabilmente l’albero più importante e conosciuto nel catanese. In tempi meno recenti, le famiglie catanesi andavano nel fine settimana per una scampagnata ma i cittadini più piccoli e “moderni” forse ne trascurano la storia. Ecco la leggenda che attornia il famoso castagno e lascia il dubbio sulla possibile regina protagonista.
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La leggenda del Castagno dei Cento Cavalli
Leggenda narra di una Regina con al suo seguito ben cento cavalieri e dame. Durante una battuta di caccia il gruppo è stato sorpreso da un forte temporale proprio nelle vicinanze del castagno, in cui sotto i suoi rami il numeroso gruppo trovò riparo sino a sera. Durante quelle ore, la regina passò sotto le fronde dell’albero la notte in compagnia, secondo leggenda, con uno o più amanti tra i cavalieri al suo seguito.
Chi era la regina della leggenda? Sul possibile nominativo gli studiosi si dividono: secondo alcuni si tratterebbe di Giovanna d'Aragona, secondo altri sarebbe l'imperatrice Isabella d'Inghilterra, terza moglie di Federico II, ed infine per i restanti potrebbe essere Giovanna I d'Angiò, la cui storia verrà collegata all'insurrezione del Vespro (XIV-XV secolo). Quest’ultima regina, inoltre, non fu mai in Sicilia (secondo le documentazioni) seppur la fantasia popolare e in generale le vox populi la ritrarrebbero protagonista di questa leggenda, poiché nota per una certa dissolutezza nelle relazioni amorose.
Ma non è finita!
Dalla leggenda all’arte: poeti catanesi ispirati dal Castagno dei Cento Cavalli
La leggenda del Castagno dei Cento Cavalli ha ispirato diversi poeti catanesi, oltre ad aver allietato i racconti cittadini. Tra questi ne spiccano tre: Giuseppe Borrello, Giuseppe Villaroel, Carlo Parisi. Di seguito le tre rivisitazioni o legami artistici-poetici con l’albero sito a Sant’Alfio:
1) I versi ottocenteschi del poeta siciliano Giuseppe Borrello (1820-1894) per la leggenda della regina Giovanna: «Un pedi di castagna/tantu grossu/ca ccu li rami/so’ forma un paracqua/sutta di cui si riparò/di l’acqua,/di fùrmini, e saitti/la riggina Giuvanna ccu centu cavaleri,/quannu ppi visitari Mungibebbu/vinni surprisa di lu timpurali./D’allura si chiamò/st’arvulu situatu/ ‘ntra ‘na valli/lu gran castagnu/d’i centu cavalli».
«Dal tronco, enorme torre millenaria,
i verdi rami in folli ondeggiamenti,
sotto l’amplesso querulo dei venti,
svettano ne l’ampiezza alta de l’aria.
Urge la linfa, ne la statuaria
perplessità de le radici ergenti,
sotto i lacoontei contorcimenti,
dal suolo che s’intesse d’orticaria.
E l’albero - Briareo lignificato -
ne lo spasimo atroce che lo stringe
con catene invisibili alla terra,
tende le braccia multiple di sfinge
scagliando contro il cielo e contro il fato
una muta minaccia ebbra di guerra».
3) La descrizione poetica del poeta etneo Carlo Parisi (Giarre 1883-1931) lega il castagno ai tre santi fratelli martiri, Alfio, Cirino e Filadelfo: «A sera dolce: al fresco di rugiada ora prendon beltà le vigne in fiore, ora ne' trebbi della lenta strada co' cavalieri delle tue convalli dormono i tre fratelli del Signore sotto il castagno dei cento cavalli».