Cosa significa "ciaramedda"? A Catania non è Natale senza

A Catania, non è Natale senza "ciaramedda"

Come si fa a dimenticare il suono della "ciaramedda" che, passando tra le vie di Catania, risuonava nell'aria annunciando l'arrivo delle festività natalizie? E come rimuovere dal cuore la gioia che si provava da piccoli quando si vedeva passare "u ciaramiddaru" che, con il suo gilet e i suoi pantaloni scuri, suonava questo particolare strumento, riunendo attorno a se i passanti o le scolaresche che incontrava in visita nelle scuole di Catania?

Ogni catanese possiede un ricordo particolare dell'uomo con la zampogna che, da diversi anni ormai, esce fuori nel periodo natalizio per tramandare nel tempo una tradizione natalizia antica, ma mai passata di moda e per trasmettere gioia e pace attraverso il suono "da ciaramedda". È questo il termine con cui ogni catanese indica la zampogna, lo strumento a forma di sacca di pelle di animale che suona al vibrare dell'aria.

Ancora oggi è possibile incontrare uno zampognaro con la sua ciaramedda e strappargli un selfie mentre lo si vede tra le bancarelle di un mercatino natalizio; oppure si può ascoltare la sua musica in uno dei concerti organizzati proprio in questo periodo. 

Ma com'era il suono della "ciaramedda" qualche anno fa?

Se sei curioso, non perderti la storia di questa antica tradizione catanese!

Foto di Mirko Misuraca

"A ciaramedda", una tradizione natalizia che dura nel tempo

Le nonne catanesi raccontano ancora di quando erano piccole e negli anni '60 e '70 attendevano con ansia gli zampognari ("ciaramiddari") che venivano a Catania da Bronte, Maletto e Randazzo per offrire al loro pubblico di passanti le loro "ninnaredde", delle nenie che rievocano l’Annunciazione e l’adorazione dei Re Magi a Gesù Bambino.

Così, armati della loro "ciaramedda", dall'8 (giorno dell'Immacolata Concezione) al 24 dicembre, gli zampognari davano inizio all'Avvento e scandivano a suon delle loro zampogne le festività natalizie, contornando di allegria e di sacralità i vari altarini ("cona") che venivano ricolmati di arance, bacche e alloro e allestiti all'occorrenza in segno di prosperità e di buon auspicio nei quartieri popolari. Come ci racconta il catanese doc Mimmo Rapisarda, "avvolti nelle loro robuste pelli, calzavano calosce di gomma ('i scappitti) ed eseguivano la loro suonata de Ciaramiddari che comprendeva 4 pezzi (detti caddozzi) dalla durata di dieci minuti ciascuno in cambio di pochi spiccioli. Per tutti lo zampognaro, era u viddanu calatu de muntagni al quale si cantava "Mmeru… Mmeru… lu ciaramiddaru… tri pirocchi l'assicutaru; l'assicutaru vanedda vanedda e ci scassanu la ciarammedda".

Questo termine di "ciaramedda" o ciaramella ha un'etimologia complessa, visto che si è soliti farlo derivare o dal diminutivo tardo latino calamellus, trasformatosi al femminile in "calamilla" e "calamella"; o dal termine latino "calamus" e da quello greco "kàlamos", entrambi utilizzati per indicare la "canna", una parte appunto della zampogna. Qualunque sia l'origine del nome, a Catania di ciaramedda ce né solo una: quella di Natale!

Sapevate che "a ciaramedda" ha anche un'origine pagana?

Le fonti latine ci raccontano che il terribile imperatore romano Nerone amava suonare l'utricularium, un tipo di zampogna antica, suonata dai sacerdoti in onore del Dio Pan per omaggiarlo con uno strumento che rispecchiasse la caratteristica unione dell'elemento maschile (il bastone della zampogna) e di quello femminile (il flauto) tipica della divinità. 

La tradizione pagana venne assunta dalla religione cristiana che, per analogia, identificò la rinascita del Dio Pan con la nascita di Gesù Bambino e scelse così la zampogna come strumento simbolo del Natale. Un simbolo che tutt'oggi i catanesi sentono proprio e cercano di preservare per rendere il Natale catanese ancora più magico (nonostante tutto!).

Siciliana Doc, amante della sua terra, sono laureata in Lettere Moderne e specializzata in Filologia Moderna. Diventata per passione una copywriter e on line editress, da sempre sono appassionata di scrittura, di letteratura, ma soprattutto della Sicilia. Ho collaborato con varie testate giornalistiche locali, che mi hanno permesso di coltivare le mie passioni